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[…] Dalla prima Deposizione del 1931 ad oggi il tema della morte del Cristo è ricorrente nel mio lavoro, con una insistenza ossessiva. E' questo un tema attorno al quale la mia fantasia lavorava, quasi un configurarsi della tragica urgente condizione dell'uomo, dell'uomo della nostra epoca.
Ho sempre creduto nella piena integrità che la fantasia e la realtà della visione dell'artista realizza in quella certa forma in quel certo contenuto.
Le ricerche formali sono necessarie solo per coloro che annaspano alla ricerca di una personalità nell'incerto caos dell'amorfo. Questo non significa che la perfezione della forma l'ossessiva angoscia dell'immagine non debba vivere autonoma anche se conclusa in un complesso organico, una « storia ».
Così nel volgere di anni mi accorgo quanto sia variato l'accento del colore e del segno, pur nella costanza di un tema attorno al quale lavoravo.
Quel ponte che dalla nascita dell'uomo ci conduce passo passo alla morte è come una vena viva di sangue che si rivela in tutti i suoi elementi di sacro, di tragico, di grottesco, ma sempre lo specchio della nostra umanità, della nostra ansia del vero, dell'essere uomini veri tra gli altri uomini.
Non so quanto possa essere valida questa mia interpretazione, ma la mia fantasia, la mia ansia non si è mai accontentata di una ordinata od accidentale disposizione di forme, il desiderio di una sintesi in cui prevalga sugli elementi formali uno spazio dell'anima, una voce veritiera, la realtà di una visione: non una modulazione di sentimento, un gioco stilistico.
Queste premesse di ordine estetico non sono staccate dal grave e profondo contenuto di questo problema veramente universale che è la Via Crucis. A questo proposito è importante citare la dichiarazione di Arturo Martini già richiamata a commento da Enzo Orlandi per la mia « Grande Deposizione »: « Per noi artisti: Cristo rappresenta la figura più grande e più espressiva del nostro mondo. La visione totale dell'Essere si stabilisce con l'Incarnazione. Con Cristo nasce per noi l'espressione cioè l'antitesi della Olimpicità Greca. Questo lo dico per dimostrare che la nostra arte è nata con Lui e chi vuol vivere fuori di Lui non fa che delle esercitazioni scolastiche di forme ». (Aligi Sassu, 1957)
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Ultima Cena, 1929
tempera su tela, 70x110 |
Cristo risorto, 1932
encausto su tela, cm 125x93.5
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Deposizione, 1942
olio su tela, cm 292x207
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Cristo davanti al sinedrio, 1948
olio su tela, cm 140x140
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Il cardinale, 1959
olio su tela, cm 81x65
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Deposizione, 1964
olio su tela, cm 144x198 |
Deposizione, 1972
olio su tela, cm 96x82,5
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Concilio di Santa Lucia, 1997
olio su tela, cm 120x200
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